Dimmi come parli e ti dirò chi sei. Una mini Guida al registro perfetto

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Capita a tutti, prima o poi, di trovarsi a scrivere un messaggio o iniziare una conversazione e chiedersi quale sia il tono giusto da adottare per trovare un equilibrio tra formalità e naturalezza, soprattutto quando il contesto non è chiarissimo o l’interlocutore non ci è familiare.

Il concetto di registro riguarda proprio questo: la variazione del linguaggio in base alla situazione comunicativa.
In linguistica, si parla spesso di variazione diafasica per indicare il cambiamento che mettiamo in atto quando, ad esempio, scriviamo un’e-mail formale al nostro responsabile e poi, pochi minuti dopo, mandiamo un messaggio vocale a un amico. Cambia il tipo di lessico, di sintassi, e persino di intonazione. È come se indossassimo maschere linguistiche diverse, tutte nostre, ognuna adatta a un preciso scenario.

Ma il registro non è influenzato solo dalla situazione. Entra in gioco anche la variazione diamesica, ovvero la differenza tra lingua scritta e parlata, che comporta strutture e scelte linguistiche differenti.
Se ci pensiamo, in una comunicazione orale, ci concediamo esitazioni, interiezioni, espressioni più spontanee. Nella scrittura, invece, tendiamo a essere più controllati, lineari, più attenti alla coesione e alla coerenza del testo. E poi c’è da tenere conto della variazione diastratica, legata alla provenienza sociale e culturale degli interlocutori, che influenza fortemente le nostre scelte linguistiche e può portare all’uso di linguaggi tecnici, gergali o colloquiali, che possono cambiare a seconda della persona che ci troviamo di fronte.

Non è un caso se, nel parlare comune, si usano espressioni come linguaggio da bar o parlare come un maestrino: dietro queste frasi c’è un’intuizione corretta, anche se semplificata, dell’esistenza di diversi registri. Più tecnicamente, possiamo parlare di registro formale, informale, colloquiale, burocratico, specialistico, e così via. Ogni registro ha le sue regole implicite: in un contesto formale, ad esempio, è normale aspettarsi l’uso della forma di cortesia, una maggiore complessità sintattica, un vocabolario più neutro e distante. Al contrario, il registro colloquiale si avvale di contrazioni, frasi più brevi, parole cariche di emozione o espressioni idiomatiche.

Queste scelte non sono arbitrarie: sono segnali sociali. Quando scegliamo un registro, stiamo implicitamente comunicando qualcosa anche su di noi e sul tipo di relazione che intendiamo instaurare con l’interlocutore. Bisogna però saper scegliere il linguaggio giusto al momento giusto: uno stile troppo elevato in un contesto informale può risultare distante o persino snob; uno troppo rilassato in ambito istituzionale può essere percepito come mancanza di rispetto.

Ecco perché la consapevolezza metalinguistica – cioè la capacità di riflettere sul proprio uso della lingua – è un’abilità preziosa. Ci permette non solo di esprimerci meglio, ma anche di decodificare meglio gli altri. Riuscire a passare da un registro all’altro con naturalezza è un vero e proprio esercizio di flessibilità comunicativa, che non riguarda soltanto le competenze linguistiche, ma anche quelle sociali e relazionali.

Per orientarsi tra le tante possibilità espressive, ecco cinque semplici accorgimenti per scegliere il registro giusto al momento giusto:

  1. Ascolta l’ambiente linguistico. Il modo in cui parlano le persone intorno a te è spesso il miglior indicatore del registro da adottare. Prima di intervenire, osserva: tono, vocabolario e ritmo possono suggerirti come entrare in sintonia con il contesto.
  2. Considera il rapporto con l’interlocutore. Adattare il registro in base alla persona con cui stiamo comunicando è un segno di attenzione, rispetto e intelligenza sociale.
  3. Adatta il linguaggio al canale comunicativo. La lingua scritta richiede più ordine e precisione rispetto al parlato, che può essere più spontaneo. Un’email formale non ha lo stesso tono di un messaggio vocale su WhatsApp.
  4. Pensa allo scopo della comunicazione. Vuoi informare, convincere, accogliere, divertire? L’obiettivo influisce sulle scelte stilistiche: un tono coinvolgente per raccontare, un linguaggio chiaro per spiegare, parole misurate per convincere.
  5. Sii autentico. Cambiare registro non significa recitare. È possibile adeguarsi al contesto senza snaturarsi: trovare il proprio equilibrio tra efficacia e naturalezza è la chiave per una comunicazione riuscita.

Ma, soprattutto, adatta il tuo stile linguistico al contesto del momento.
Perché, proprio come nella moda, anche nel linguaggio c’è stile quando c’è coerenza.

Il contesto, dunque, è la nostra bussola. Parlare nello stesso modo con un amico al bar, con un cliente in ufficio e con un professore in aula è come indossare lo stesso vestito per andare in spiaggia, a un funerale e a una cerimonia di premiazione.

E’ importante quindi che le parole si adattino ad ogni evenienza: devono essere elastiche, agili, pronte a cambiare ritmo e intensità a seconda del luogo, dell’interlocutore, del momento. E’ questa la chiave di una buona comunicazione.

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