In un tempo lontano, quando il cielo era un vasto mare di stelle scintillanti, gli uomini alzavano gli occhi verso l’immensità, cercando risposte e conforto. E proprio lì, tra i sospiri antichi di chi voleva ma non poteva avere, nasce la parola che tutt’oggi esprime la volontà di ottenere qualcosa. Questa parola è la parola DESIDERIO.
La parola desiderio, o meglio, il verbo che ne deriva, ovvero desiderare, affonda le sue radici nel medesimo termine latino, un lemma che esprime un sentimento profondo e universale. Questo termine è composto da due elementi:
– il prefisso DE, che suggerisce una sorta di allontanamento,
– la parola SIDERA, il plurale di sidus, che significa stella.
Così, desiderare significa, in sostanza, togliere lo sguardo dalle stelle, come se i desideri più profondi ci distogliessero dalla bellezza del cielo.
Ogni desiderio non realizzato è come una stella cadente, un sogno che sfugge tra le dita. Eppure, proprio in questa tensione tra il desiderio e la realtà, si cela la bellezza della vita che la lingua, con le sue radici profonde, non fa altro che riflettere.
Infatti, in altre lingue, il concetto di desiderio si intreccia spesso con l’idea di speranza e aspirazione.
Così, mantenendo la stessa radice, troviamo:
– in spagnolo, desear
– in francese désirer
– in portoghese desejar
– in inglese to desire
Solo in tedesco la radice cambia ma il significato e la costruzione linguistica di è la stessa per cui la parola desiderio la ritroviamo nella traduzione wünschen.

Queste traduzioni mostrano come il desiderio sia un sentimento universale, un legame che unisce tutti gli esseri umani che nel loro togliere lo sguardo dalle stelle ripongono sogni, aspirazioni ed anche segreti.
E’ proprio per questo che, nella letteratura, il desiderio e le stelle sono spesso intrecciati.
Giovanni Pascoli, ad esempio, nella sua poesia X Agosto, evoca immagini stellari per esprimere nostalgia e desiderio. Le stelle diventano simboli di ricordi e aspirazioni lontane.
Giacomo Leopardi, nelle sue Operette Morali, esplora il desiderio umano di trascendenza, associando le stelle a ideali inaccessibili, come nella poesia A Silvia, dove rappresentano sogni non realizzati.
Dante Alighieri, nel Paradiso, utilizza le stelle per simboleggiare l’aspirazione dell’anima verso il divino, e la sua celebre affermazione l’amor che move il sole e l’altre stelle incarna perfettamente il legame tra amore, desiderio e l’universo.
Questo amore è una forza che non solo guida i nostri cuori, ma anche il movimento stesso delle stelle.
Anche Francesco Petrarca, nelle sue liriche, descrive il desiderio per Laura attraverso metafore astrali, elevando il suo amore a una dimensione quasi divina.
E ancora Salvatore Quasimodo, che nella poesia Ed è subito sera, usa le stelle per esprimere la fugacità della vita e il desiderio di eternità, creando un contrasto tra il tempo terrestre e l’immortalità celeste.
Al contrario, Alda Merini, nelle sue opere, evoca frequentemente le stelle come simboli di libertà e aspirazione verso l’infinito.

Come abbiamo appena visto, l’ analisi linguistica del termine desiderio ci offre spunti per riflettere sulla condizione umana. Ogni desiderio, pur essendo un’invocazione verso qualcosa di sublime, ci ricorda anche i limiti della nostra esistenza. La lingua, con le sue sfumature e le sue origini, diventa così un mezzo per esplorare non solo il mondo esterno, ma anche le profondità del nostro essere.
Possiamo quindi dire che desiderare non è solo un verbo, ma un concetto che racchiude in sé l’essenza dell’aspirazione umana, un invito a guardare sempre oltre, verso le stelle, anche quando il nostro sguardo è costretto a rimanere ancorato alla terra.
Ig – @fairness_mag