Un viaggio in un altrove sospeso, dove il tempo sembra piegarsi alla voce della memoria.
Siamo nel profondo Sud Italia, un luogo dove l’eco di un’antica lingua risuona ancora tra le vie dei borghi, dove le radici affondano in un glorioso passato che parla di Magna Grecia e di un Impero Bizantino che ancor oggi mostra la sua impronta indelebile. L’Area Grecanica o Bovesia è un’isola linguistica e culturale incastonata nel cuore della Calabria Jonica, un vero e proprio scrigno di storia e tradizioni; borghi incantati arroccati sulle colline che evocano riti religiosi e musicali, artigianato e tesori archeologici ai più nascosti, un viaggio alla scoperta di un’identità culturale millenaria.
La Calabria Jonica vanta una storia ricca e diversificata che si estende per millenni, tuttavia, fu a partire dall’VIII sec. a.C. che divenne un importante centro della colonizzazione greca, un periodo di grande splendore noto come Magna Grecia. A seguito della caduta dell’Impero romano d’Occidente, il territorio passò sotto il dominio dell’Impero Bizantino; il prolungato periodo bizantino (dal V al XI sec. d.C.) ha ulteriormente rafforzato l’identità culturale greca nella regione nella lingua, cultura e tradizioni religiose, rappresentando una seconda importante ondata di influenza greca dopo la colonizzazione iniziale. Città greche della Magna Grecia come Rhegion (l’antica Reggio Calabria) e Locri Epizefiri divennero centri fiorenti di cultura e commercio; la regione fu anche patria di figure chiave della storia e del pensiero greco come Pitagora, Eraclito e Milone. Durante questo periodo, i Greci introdussero la loro cultura, le istituzioni politiche e giuridiche, nuove pratiche agricole (come la coltivazione di fichi, olive e uva) e il loro alfabeto. Le tradizioni dell’area grecanica sono un affascinante intreccio di elementi antichi e moderni, delle quali la lingua grecanica è senza dubbio la più distintiva: misterioso codice sopravvissuto nei secoli, custodito come un segreto sussurrato da generazioni, parlato ancor oggi, seppur principalmente dalle generazioni più anziane. Numerose sono le associazioni impegnate alla preservazione attraverso corsi di lingua, eventi e pubblicazioni.
L’origine precisa del dialetto grecanico è attualmente oggetto di dibattiti tra gli studiosi, anche se è probabile che entrambe le due fasi di insediamento abbiano contribuito alla formazione di questa lingua unica; la teoria accreditata è quella sostenuta dal glottologo tedesco Gerhard Rohlfs che sostiene la discendenza diretta dal greco parlato nella Magna Grecia, in particolare dal dialetto dorico, mentre altri propendono per un’origine più tarda, derivante dal greco koinè attraverso il periodo bizantino. Le tradizioni musicali e folkloristiche si fondano su musiche e danze greco-calabre con suoni arcaici accompagnati dalla lira calabrese e dall’organetto, evocativi della vita agropastorale. L’artigianato locale testimonia antiche abilità tramandate di generazione in generazione: a Gallicianò è ancora viva la tradizione della lavorazione della ginestra per la produzione dei tessuti. Numerose sono le testimonianze archeologiche che raccontano la storia millenaria di questa terra; siti come Locri Epizefiri, con i resti di mura, templi e un teatro greco, e Kaulonia, con le rovine di un teatro e un tempio dorico, offrono uno sguardoaffascinante sul passato della Magna Grecia. A Reggio Calabria si trova il Museo Archeologico Nazionale di Magna Grecia, uno dei più importanti d’Italia, che oltre a custodire una straordinaria collezione di reperti provenienti da tutta la Calabria, tra cui i celeberrimi Bronzi di Riace, è simbolo della grandezza storica della regione.
La Bovesia è un vero e proprio museo a cielo aperto, oggi cuore pulsante della Riviera Cristallina, dove è possibile ammirare antichi borghi sospesi nel tempo: Gallicianò, frazione nel comune di Condofuri, considerato l’unico centro della Bovesia dove gli abitanti parlano ancora il greco come lingua madre, un vero custode di questa antica eredità linguistica. Nel borgo si trova una chiesetta bizantina ricostruita dedicata alla Madonna della Grecia (Panaghìa) dove si celebra la liturgia ortodossa, quale testimonianza del legame con le tradizioni religiose orientali, un piccolo teatro greco che viene utilizzato per le rappresentazioni teatrali estive e un Museo Etnografico che illustra la vita quotidiana e le antiche arti e mestieri locali. Addentrandoci nelle zone più interne e montuose del territorio: “Il borgo fantasma” di Roghudi e la frazione di Chorìo, Condofuri con le sue frazioni, nota per le coltivazioni di bergamotto e il castello di origine bizantina, Roccaforte del Greco, un borgo che evoca la sua antica importanza strategica, dove l’eco della storia si fonde con il silenzio dell’anima, e Bova Marina, un centro costiero che ospita il Centro Studi sulla Lingua Greca di Calabria e un importante sito archeologico con i resti di una sinagoga ebraica del IV-V sec. d.C. Tra questi spicca Bova, la Chora, luogo ricco di storia, con leggende profondamente radicate nella tradizione popolare che narrano di una fondazione ad opera della regina greca Oichista (“fondatrice”). La leggenda narra che una regina greca di nome Oichista, giunta in Calabria forse via mare, fu colpita dalla posizione strategica e dalla bellezza del luogo dove oggi sorge Bova. Decise quindi di stabilirsi qui e di fondare l’insediamento. Molte versioni della leggenda raccontano che Oichista, per sancire la fondazione della città e lasciare un segno tangibile della sua presenza, impresse la forma del suo piede su una roccia situata nel punto più alto della rocca, dove oggi si trova il castello. Questa “orma della regina” sarebbe ancora visibile, sebbene spesso identificata anche con altre figure leggendarie o storiche nel corso del tempo. Sebbene non vi siano prove storiche a supporto di questa specifica figura e del suo ruolo nella fondazione della città, il racconto riveste un significato culturale importante, collegando Bova direttamente al suo passato greco e sottolineando l’identità ellenofona della regione.
La Chora è un piccolo scrigno di storia e miti, testimonianza di tradizioni popolari che conservano e reinterpretano il passato, creando un legame indissolubile che attraversa i secoli, una connessione profonda tra il mito di un tempo e la vibrante realtà del presente, mantenendo viva la sua anima antica. Ogni anno, la Domenica delle Palme, i fedeli celebrano un rito unico e suggestivo, un momento di collettiva sacralità popolare che consiste nel portare in processione delle grandi figure antropomorfe femminili costruite con foglie di ulivo; i contadini intrecciano con maestria e pazienza le foglie intorno ad un asse di canna, strutturando tali figure, dette “pupazze”. Vengono poi vestite, cioè abbellite ed adornate con fantasia con fiori freschi dicampo ed arricchite ed ingioiellate con frutta fresca e primizie. Dopo la benedizione, le sculture vengono portate fuori dalla chiesa ed in parte smembrate delle loro componenti, le “steddhi”, che vengono distribuite tra gli astanti, i quali collocheranno almeno una “steddha” su un albero del proprio podere o negli ambienti della propria casa, dove rimarrà per tutto l’anno come segno di benedizione e a testimonianza dell’intimo rapporto sacro che unisce uomo e creato. Non si conosce l’origine del rito, ma si ipotizza che esso risalga al culto delle popolazioni preistoriche che usavano evocare la “Madre Terra” Mana Jì con riti propiziatori delle messi e della fertilità. Il rito che si ripete annualmente a Bova è speciale perché le figure femminili, spesso giunoniche, ci ricordano il mito greco di Persephone e di sua madre Demetra, dee che presiedevano all’agricoltura. Il mito racconta che Ades, signore dell’oltretomba, invaghitosi della fanciulla Persephone, la rapì mentre raccoglieva fiori nel campo Niseo e la portò nel suo regno sotterraneo.
Ciò causò la scomparsa della vegetazione ma, dopo giorni di disperazione, le suppliche di Demetra e Zeus ottennero che la figlia per due terzi dell’anno tornasse con la madre sulla terra a far rifiorire e rinverdire campi e messi di cui Demetra era protettrice. L’interpretazione mitica del ciclo delle stagioni e della fertilità della natura stabilisce un legame inscindibile fra l’agricoltura e il destino dei mortali, nesso evocato anche dai culti misterici e orfici diffusi in Magna Grecia. Un’ipotesi avanzata circa l’origine di questa usanza viene dalla possibilità di mettere in relazione le sculture vegetali di Bova con la rappresentazione della quaresima in area bizantina, rappresentata tutt’oggi come una figura femminile, una piccola bambola con una croce sul capo, indicante la sacralità del tempo quaresimale, simile a quelle elementari intagliate dai pastori dell’area greca di Calabria. L’area grecanica è molto più di una semplice regione geografica, è un vero e proprio viaggio nel tempo, un’immersione in una cultura millenaria che ha saputo conservare lasua identità attraverso i secoli. Borghi affascinanti ricchi di storia e tradizioni, un tesoro nascosto nel cuore della Calabria Jonica; paesaggi suggestivi e siti archeologici di inestimabile valore, ma anche comunità accoglienti e custodi di un patrimonio linguistico e culturale. Un viaggio che oggi continua anche grazie alla Riviera Cristallina, progetto che invita a scoprire e vivere questi luoghi con spirito autentico.
Testo di Nancy Violante
Articolo realizzato nell’ambito del progetto “Riviera Cristallina“, per promuovere i tesori storici e culturali del Sud Italia.