LINGUISTICSIdeogrammi. Come sono nate le “idee che si vedono”?

Ideogrammi. Come sono nate le “idee che si vedono”?

Quante volte abbiamo letto un testo, un articolo, un messaggio, dando per scontato l’esistenza della scrittura?
Eh sì, perché noi con la scrittura – la forma scritta dei nostri pensieri concreti e astratti – ci siamo nati, ma c’è stato un tempo in cui l’unica forma di comunicazione era il linguaggio parlato.
La “parola parlata”, infatti, rappresenta la tecnica comunicativa più antica, quella che ha permesso (e facilitato) le interazioni nelle società antiche, note come società orali, che risalgono a circa 2000/3000 anni prima di Cristo. Un sacco di tempo fa, a pensarci.

In seguito all’uso prevalente della parola, si è poi sviluppata la scrittura, che in prima battuta si è manifestata sotto forme ideografiche o pittografiche, forme che  rappresentavano ( e rappresentano tutt’oggi…) una registrazione fisica del linguaggio parlato attraverso simboli che non erano altro che una codificazione basata su un insieme di regole socialmente concordate e accettate.
L’evoluzione della scrittura da pittogrammi a ideogrammi fu guidata poi dalla necessità di rappresentare concetti sempre più complessi: mentre i pittogrammi erano adatti per rappresentare oggetti concreti, diventava sempre più difficile rappresentare idee astratte, relazioni o concetti complessi. In questo contesto, qualcuno si pose la domanda se fosse possibile rappresentare concetti astratti utilizzando un simbolo grafico.

Fu così che nacquero gli ideogrammi, ovvero simboli in grado di rappresentare direttamente l’idea o il concetto, indipendentemente dalla sua pronuncia in una lingua specifica. Questo nuovo sistema di scrittura si basava sull’astrazione dell’oggetto rappresentato e si focalizzava sull’espressione grafica dell’idea associata a esso.

Gli esempi più antichi e famosi di ideogrammi includono simboli come 上 (sopra), 下 (sotto), e 中 (centro, mezzo, medio): questi simboli, ancora oggi, non rappresentano oggetti fisici, ma esprimono appunto concetti astratti in modo diretto.
Nel corso del tempo, il sistema di ideogrammi si sviluppò ulteriormente per rappresentare una vasta gamma di idee e concetti sempre più specifici, diventando parte integrante della scrittura cinese e giapponese.

Per capire meglio come si sono evoluti, dobbiamo però fare un passo indietro…

Innanzitutto, bisogna ricordare che la parola  ideogrammi deriva dal greco ἰδέα “idea” e γράφω “scrivere”. Per questo, sono spesso chiamati anche ideografi, per cui l’uso di questi simboli è denominato ideografia.
Secondo una leggenda millenaria, i caratteri cinesi avrebbero visto la luce grazie a Cangjie, un burocrate vissuto intorno al 2650 a.C. che, durante una caccia, si è  imbattuto in  una tartaruga i cui intricati vasi sanguigni hanno stimolato la sua curiosità. Pensando ad una possibile connessione logica di tali vasi, il burocrate si è quindi dedicato allo studio degli animali, del paesaggio terrestre e delle stelle nel cielo, dando così vita a un sistema simbolico noto come “zi,” ovvero i caratteri cinesi.

Ancora oggi, questi caratteri occupano una forma pressoché quadrata, dove quelli composti da più parti comprimono gli elementi insieme per mantenere una uniformità di dimensioni e forma. Per questo, spesso gli studenti si esercitano nella scrittura su carta a quadretti, motivo per cui in Cina talvolta si fa riferimento agli ideogrammi come “Caratteri a Blocchi Quadrati.”
I caratteri giapponesi, invece, non sono costretti in una forma prestabilita, e risultano quasi più fluidi e “aperti”, nonostante molti simboli siano quasi identici. Ad esempio, le due scritture per la frase “la mia casa” risultano essere così:
Giapponese   Cinese
私の家.    我的家

Decifrare i simboli di queste scritture non è affatto semplice: alcuni ideogrammi, infatti, richiedono la conoscenza preventiva delle loro convenzioni per essere compresi, mentre altri trasmettono il loro significato attraverso somiglianze pittoriche con oggetti fisici, e possono essere considerati anche pittogrammi o pittografi. Per questo motivo, la distinzione tra pittogrammi e ideogrammi non è sempre nitida; possiamo però dire (in maniera davvero semplicistica) che gli ideogrammi solitamente offrono rappresentazioni più indirette, richiedendo a volte di apprendere il significato specifico di ciascun simbolo, mentre i pittogrammi tendono a essere più letterali.

Questa differenza è paragonabile alla distinzione tra l’alfabeto latino e la pronuncia delle parole nelle diverse lingue europee, dove le parole possono essere scritte in modo simile ma pronunciate in modo diverso. Allo stesso modo, negli hanzi cinesi e nei kanji giapponesi, gli ideogrammi delle due lingue, la pronuncia può variare notevolmente, nonostante la somiglianza grafica,  come dimostrato dall’esempio del carattere 誠, che è pronunciato “chéng” in cinese mandarino e “makoto” o “sei” in giapponese
Hanzi e kanji sono le pronunce cinese e giapponese del termine 漢字 utilizzato in entrambe le lingue, riferendosi ai caratteri cinesi comuni nei rispettivi sistemi di scrittura.

Ad oggi, si contano più di 47.000 ideogrammi cinesi,  anche se un gran numero di essi sono varianti ormai obsolete, tanto che l’alfabetizzazione di un cittadino lavoratore, quindi di cultura media, prevede la conoscenza di non più di 4.000 – 5.000 caratteri.

Nel ventesimo secolo, poi, è avvenuta la cosiddetta semplificazione dei caratteri cinesi, chiamata “Cinese Semplice” (简体字 – jiǎntǐzì)” con la quale, però, non è stata la lingua ad essere semplificata, ma solo la forma grafica dei caratteri per facilitarne l’apprendimento da parte degli stranieri.  Anche i kanji giapponesi sono stati soggetti a semplificazioni, chiamate 新字体 (shinjitai), differendo dai caratteri semplificati cinesi e dai loro significati…

Ci sarebbe ancora moltissimo da dire su queste scritture così simili eppure così diverse, figlie di culture così affascinanti. Esse  rappresentano infatti forme d’arte distintive e ricche di significato che portano con sé una lunga storia di tradizioni e significati. Studiarne gli ideogrammi non significa solo imparare una nuova lingua, ma vuol dire anche entrare nel vivo di una storia millenaria che ha ancora molto da raccontare.


Abstract – Following the predominant use of speech, writing developed as a subsequent form of communication. Initially, it manifested itself in ideographic or logographic forms, representing (and still representing today) a physical record of spoken language through symbols that were nothing more than a codification based on a set of socially agreed and accepted rules…

Ig – @fairness_mag

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