LINGUISTICSEsperanto, la lingua di tutti conosciuta da pochi

Esperanto, la lingua di tutti conosciuta da pochi

L’Esperanto è una lingua artificiale progettata alla fine del XIX secolo per fungere da lingua ausiliaria internazionale. Venne ideata da Ludwik Lejzer Zamenhof, un medico e filologo polacco, che pensò di creare una lingua che potesse essere facilmente appresa e compresa da persone di diverse nazionalità e culture. Questa sua idea rifletteva la sua visione di un mondo più unito e pacifico; una sorta di “globalizzazione linguistica”.
Zamenhof, nato nel 1859, pubblicò per la prima volta la lingua Esperanto in un libro chiamato Unua Libro nel 1887, sotto lo pseudonimo di Doktoro Esperanto, che significa “Dottore che spera”. In effetti, il termine stesso “Esperanto”  deriva dalla parola latina “sperans” che significa colui “che spera”. La lingua è quindi stata concepita per essere neutrale dal punto di vista culturale, con un vocabolario basato su radici comuni alle lingue europee.

Per rendere l’Esperanto di facile apprendimento, è stata creata per questa lingua una grammatica regolare che fosse semplice da assimilare, con regole chiare e poche eccezioni. Si stima che il vocabolario base dell’Esperanto sia composto da circa 900 radici le quali, grazie appunto alle regole grammaticali fisse, con l’aggiunta di determinati suffissi vanno a coprire tutto il patrimonio linguistico di questa lingua tanto artificiale quanto curiosa.
L’Esperanto è stato progettato con l’obiettivo di facilitare la comunicazione internazionale, cercando di superare le barriere linguistiche e -forse- con lo scopo di togliere il primato di “lingua universale” alla sorella maggiore ben più famosa e antica, la lingua inglese.

Come già detto, l’idea di fondo era quella di creare una lingua comune neutrale, ovvero non appartenente a nessuna nazione specifica, che potesse quindi diventare la lingua di tutti e per tutti, anche grazie alla semplicità delle sue regole.

Ad esempio, la parola “domo” significa “casa”, e la sua forma plurale è ottenuta aggiungendo semplicemente la desinenza -j, diventando così “domoj” (case). Inoltre, la desinenza -o indica il sostantivo, mentre la desinenza -a indica l’aggettivo. Questa regolarità semplifica notevolmente la formazione delle parole e la comprensione della struttura della lingua. Per assurdo, imparando a memoria le 900 parole che formano il suo vocabolario e le poche regole grammaticali, si potrebbe iniziare a parlare Esperanto in un tempo notevolmente minore rispetto al tempo di apprendimento di qualsiasi altra lingua al mondo.

Anche le desinenze verbali in Esperanto sono fisse e regolari, e indicano chi sta compiendo l’azione. Ad esempio:

– “Mi parolas” significa “Io parlo.”

– “Vi parolas” significa “Tu parli/Voi parlate.”

– “Li/Ŝi parolas” significa “Lui/Lei parla.”

– “Ni parolas” significa “Noi parliamo.”

– “Ili parolas” significa “Loro parlano.”

Già da questi esempi è facile evincere la regola grammaticale per la formazione del presente: si prende la radice della parola, in questo caso “paroli” e si aggiunge AS per formare il presente.
Per il passato, invece, il suffisso si trasforma in -IS ( io parlavo =
Mi parolis) mentre per il futuro il suffisso utilizzato è -OS ( io parlerò = Mis parolos)

Come tutte le lingue, anche l’Esperanto ha una serie di correlativi, parole che coprono una vasta gamma di significati relativi a luogo, modo, tempo, quantità, ecc. Ad esempio:

Kie significa Dove.  Ex: “Kie estas la libro?” (Dove è il libro?)

Kiam significa Quando. Ex: “ “Kiam vi iros al la teatro?” (Quando andrai al teatro?)

Kiom significa Quanto. Ex: “Kiom da tempo vi bezonos por fini la taskon?” (Quanto tempo ti servirà per finire il compito?)

Kiel significa Come. Ex: “Kiel vi sentas vin hodiaŭ?” (Come ti senti oggi?)

Kiuj  significa Quali . Ex: “Kiuj libroj estas viaj plej ŝatataj?” (Quali libri sono i tuoi preferiti?)

Per quanto riguarda invece il complemento oggetto, l’Esperanto utilizza l’accusativo con la desinenza -n che viene aggiunta al sostantivo per indicare chi è l’oggetto dell’azione. Ad esempio:

– “Mi vidis la domon” significa “Ho visto la casa.”

Le regole non sono molte e , come avete potuto constatare, sono davvero di immediata comprensione.
Ovviamente ce ne sono altre che al momento abbiano omesso per non dilungarci eccessivamente. Fateci però sapere nei commenti se volete avere maggiori delucidazioni o dettagli, magari vedendo quanto è semplice, vi è venuta voglia di imparare questa lingua davvero semplice e interessante.

Tuttavia, nonostante la semplicità del progetto e gli sforzi di Zamenhof e di altri sostenitori dell’Esperanto, la lingua non ha raggiunto la diffusione globale che il suo creatore sperava.
In verità, vi sono diverse ragioni per il limitato successo dell’Esperanto: innanzitutto, il fatto che le lingue naturali (ovvero le nostre lingue madri) siano così radicate nelle culture e nelle tradizioni, rende difficile la competizione. Inoltre, la mancanza di un forte supporto politico e sociale ha ostacolato la diffusione dell’Esperanto come lingua ufficiale internazionale, a vantaggio del mantenimento di altre lingue più conosciute e anche più “sponsorizzate”. Persino Hitler dedicò parte del suo Mein Kampf per denigrare Zamenhof, reo di essere ebreo, e gli esperantisti furono a lungo perseguitati…
Perciò, nonostante i suoi sforzi nel promuovere l’unità e la comprensione tra le persone, l’Esperanto è rimasto in gran parte una lingua di nicchia, oggi utilizzata principalmente da una comunità di appassionati della lingua che da sempre abbracciano l’ideale di Zamenhof di un mondo linguisticamente più inclusivo. Viene utilizzato soprattutto per scopi culturali, letterari e di comunicazione internazionale ma sempre legati ad un numero ristretto di linguisti conoscitori della lingua e desiderosi di abbattere le barriere linguistiche di un mondo sì globalizzato, ma non ancora abbastanza aperto alle novità.


Abstract:
Esperanto is an artificial language designed at the end of the 19th century to serve as an international auxiliary language. It was conceived by Ludwik Lejzer Zamenhof, a Polish doctor and philologist, who envisioned creating a language that could be easily learned and understood by people of different nationalities and cultures. This idea reflected his vision of a more united and peaceful world; a kind of “linguistic globalization.”

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